(di C. Tomassini)
Durante la campagna del nord Africa (1940-1943) le forze dell’Asse, riconquistata Tobruk nel giugno del ’42, si lanciarono all’inseguimento degli Alleati in Egitto in direzione Alessandria. Fra le forze in campo si trovava il 7° bersaglieri, alle dipendenze della Divisione motorizzata “Trento”. Nel percorso, le continue incursioni dei caccia- bombardieri della Royal Air Force causarono ingenti perdite, seminando morte fra gli italiani.
Il 26 giugno si giunge a Marsa Matruh, una piazzaforte nemica poco distante da El Alamein, fortificata da 22 chilometri di campi minati, che viene circondata e assediata dagli italiani.
Espugnarla si rivela subito impresa ardua, ma i bersaglieri del Settimo sono decisi a tutto, e si prodigano nel tentativo di estrarre le mine che sbarrano l’accesso alla roccaforte; alle 9.30 del 29 giugno il Settimo entrerà infatti per primo nella cittadella.
Nella compagnia controcarro del X btg del reggimento milita un bersagliere di cui ormai non si sa forse nulla, ma che in quei giorni lasciò un segno indelebile. Lasciamo parlare un testimone d’eccezione di quegli eventi, Paolo Caccia Dominioni*, che scrive parole di ammirazione per questo bersagliere praticamente sconosciuto ai nostri giorni:
“ Quanti conoscono, almeno di nome, sua eccellenza il generale, il signor colonnello, il signor capitano? Pochi, in numeri variabili di quattro o cinque cifre. Ma nel 7° bersaglieri c’è un ragazzo di 22 anni, Michele Guainazzi, milanese, che conta milioni di ammiratori e di conoscenti nel pubblico sportivo; e centinaia di fanciulle spasimanti che lo hanno visto sul terreno, o allo schermo, o semplicemente in fotografia, lui scultoreo atleta del calcio, dal viso bellissimo e allegro, d’occhio folgorante, per quattro anni centro mediano dell’Inter.
Ma ora pensa soltanto a fare il bersagliere, e lo fa bene. Il 18 scorso, alla riconquista di Tobruk, si trovò in un momento grave: il contrattacco avversario progrediva, mentre Riva, il suo tenente, giaceva colpito a morte. Allora tornò indietro, strisciò sotto le traiettorie, recuperò il morente e lo riportò a ridosso di un costoncino[…]. Nell’investimento di Matruh la pattuglia di Guainazzi avanza troppo spedita, viene intrappolata nel dispositivo britannico, bloccata. Nessuno capisce che cosa avviene, ogni collegamento è tagliato. Per 36 ore il gruppetto dei bersaglieri ha una sola certezza: se qualcuno osa sollevare la testa di pochi centimetri sarà falciato. Passa la notte sul 28, nasce l’alba del 29: l’acqua è finita da un pezzo, ma i bersaglieri hanno la sensazione che il nemico sia entrato in crisi e decidono di buttarsi avanti, benché esausti, incuranti delle ferite residue. Raggiungono la litoranea asfaltata, oltrepassano diverse strisce minate, entrano nell’aeroporto già parzialmente abbandonato, sparacchiando. Sulla palazzina del comando, malconcia dalle bombe, un grande palo reca ancora lo “Union Jack” britannico, inchiodato: la sagola è stata tolta perché sia meno agevole ammainare il vessillo. Ma già Guainazzi è volato sul terrazzo, aggrappandosi come una scimmia alle sporgenze delle srutture: ora bisogna arrampicarsi sul grosso palo levigatissimo, senza appigli, ma per lui è un gioco, raggiunge la sommità, comincia a staccare la bandiera. Giungono due autoblindo italiane; dalla prima esce un ufficiale che manda un suo bersagliere a raggiungere Guainazzi con un gran tricolore. Mentre la sostituzione si compie e la pattuglia presenta le armi, la seconda autoblindo scarica due borghesi armati di congegni strani: sono gli operatori dell’Istituto Luce.
La scena viene fissata per l’eternità.
Sono le 9.30 del 29 giugno, e il 7° bersaglieri entra nella città espugnata con i battaglioni X e XI, come una raffica di vento caldo. Il paragone è doveroso, perché il colonnello comandante si chiama Scirocco !
I prigionieri saranno ben 6500.
Comincia così la prima battaglia di El Alamein.
Il 29 ottobre, nella seconda battaglia di El Alamein, Michele Guainazzi compie un nuovo atto eroico: il suo battaglione ha le ore contate. Un ricovero viene colpito e nel crollo seppellisce i suoi occupanti. Guainazzi corre sul terreno scoperto senza la minima esitazione, rimuove i rottami sotto il tiro avversario e libera i compagni sepolti dalle macerie. Per questa azione gli verrà conferita la Croce di Guerra al Valor Militare.
Ma cosa succederà al valoroso calciatore-bersagliere dopo la guerra?
Sarà costretto ad abbandonare il calcio per una frattura al femore e diverrà proprietario di un bar a Rho. Una sera, nel 1957, ben quindici anni dopo i fatti di Marsa Matruh, mentre distrattamente lavora al bancone con la moglie, sente gli avventori prorompere in un urlo: nello schermo presente nel locale improvvisamente appaiono le immagini di un documentario lontano… Incredulo, Guainazzi rivede commosso se stesso mentre sale sul palo di Marsa Matruh e fieramente aggancia il Tricolore!
Motivazione della Croce di Guerra al Valor Militare:
“Colpito in pieno dall’artiglieria un ricovero vicino alla postazione da lui occupata, non esitava ad attraversare una zona molto battuta dalle armi avversarie e riusciva dopo sovrumani sforzi a salvare da sicura morte alcuni compagni rimastivi sepolti”
A.S., 29 ottobre 1942
* Paolo Caccia Dominioni combattè sia nella Prima che nella Seconda guerra mondiale come ufficiale nel Genio. Dopo il conflitto, da civile, in qualità di ingegnere, progettò il Sacrario di El Alamein, curando anche l’attività di sminamento della zona e di recupero delle salme dei soldati. Realizzato nei primi anni ’50 e situato poco distante dalla località stessa di El Alamein, a circa 120 km da Alessandria d’Egitto, il Sacrario raccoglie le salme di 4814 militari italiani caduti nelle due battaglie avvenute.