LA MANTELLINA

Nel manoscritto di La Marmora si legge  Pellegrina di tela cerata cortissima scendente fino al fianco da mettersi sopra li cappotti di panno e li zaini all’uopo di salvaguardare li bottini e le spalle dalle intemperie  senonché, scrive lo stesso La Marmora al Primo Segretario di Guerra e Marina, non si poté rinvenire una stoffa impermeabile nel paese che potesse servire ad uso di mantellina . Ed allora propose che questa fosse costruita con un panno chiamato “tricot”  con la riserva che  nel caso si venisse nel paese alla fabbricazione di quella stoffa di gomma già in uso presso altre na­zioni, si sarebbe dato esito alle con­seguenti modificazioni ».

Discussioni vi furono circa la lunghezza della mantellina ma, al­la fine prevalse la tesi di Lamarmora che dispose fosse lunga 5 once pari a mt. 0,64; in seguito  la lunghezza fu aumentata di circa un palmo, portandola a mt. 0,84. La mantellina degli ufficiali, al massimo, arrivava al ginocchio e si differenziava da quella della truppa perché foderata di stof­fa di lana nera chiamata lustrino e per l’aggiunta di un cordone di seta nera attorno al bavero, che dal lato destro era più lungo e che terminava con due fiocchi di seta. Era previsto che un lembo della mantellina si potesse avvolgere intorno alla testa a guisa di cappuc­cio ed il cordone era utilizzato per fissare l’ala della mantellina in­torno al collo, ma non permise che ufficiali e bersaglieri in­tervenissero alle esercitazioni con la mantellina, neppure nelle guar­nigioni più rigide dell’alto Piemon­te e della Savoia.

Nel 1860 la mantellina degli ufficiali fu soppressa e  sostituita con un cappotto foderato di lana  cremisi con la goletta e i risvolti delle maniche dello stesso colore  i distintivi di grado in oro. Un capo di corredo che mal concordava con il cappello e gli ufficiali dei bersaglieri ne fecero il meno uso possibile.

Nel 1865 la mantellina fu restituita agli ufficiali, però senza cordone e relativi fiocchi e nel 1871 fu loro consentito l’uso di una mantellina nera di caucciù nelle giornate di pioggia e quella di panno venne arricchita da uno speciale fermaglio di metallo a borchie con testa di leone.

Da sx gli allievi Adalberto Spada, Pier Carlo Zimaglia, Ugo Trinchero

Nella foto un gruppo di Allievi ufficiali, del 23° di Pola, in particolare il primo a sx fu assegnato al 4° Rgt. e in Croazia, dopo l’8 settembre 1943 fu catturato dai tedeschi, rientrò in Italia e raggiunse il grado di Colonnello). 

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Colonnello dei Bersaglieri in congedo assoluto, è nato a Bari il 14 agosto 1930. Dopo aver militato nel I Battaglione del 1° Reggimento Bersaglieri in Roma e successivamente nel 182° Reggimento Fanteria Corazzato “Garibaldi” in Sacile, ha prestato servizio quale Istruttore Militare di Educazione fisica nella Scuola di Fanteria di Cesano e poi nel Comando NATO della Forza Mobile terrestre di A.C.E. in Heidelberg, Germania; in seguito presso lo Stato Maggiore dell’Esercito, ha diretto per 22 anni la Biblioteca interna dell’Ufficio. È autore del volume "Le cinquecentine" della Biblioteca Militare Centrale, di un saggio "Appunti per una storia del rancio e dell’alimentazione militare" apparso in Memorie Storiche Militari - 1982 e del volume redatto con il concorso di Alfonso Bartolini "I Militari nella Guerra Partigiana in Italia 1943 - 1945", edito nel 1998 dallo SME Ufficio Storico nonché di numerosi altri saggi, articoli e recensioni apparse su varie riviste specializzate fra le quali “Rivista Militare” ,“il Quadrante”, “UNUCI“ e “Patria Indipendente” . Nel 1999 è stato eletto Presidente della Sezione ANB “Andrea Baldi” di Roma e dopo aver collaborato per diversi anni al periodico “Fiamma Cremisi, edito dalla Presidenza Nazionale, ne ha diretto per oltre due lustri la stesura e la Direzione e inoltre ha provveduto alla Redazione dell’annuale Calendario Associativo.