più propriamente chiamato trofeo venne ideato dal La Marmora con questi elementi: una coccarda di panno azzurro Savoia semicoperta da due fucili incrociati diagonalmente in ottone fuso di grossolana fattura: in seguito furono apportate alcune variazioni con l’inserimento di una cornetta munita di cordone verde e fiocchi sui due fucili diagonalmente incrociati ed una granata che si allogava nella voluta della tromba e dalla quale dipartiva una fiamma che invece di elevarsi dritta, s’incurvava da sinistra a destra secondo lo sguardo di chi l’ osserva. (Per attestare l’impeto della corsa).
La fiamma era composta di sette lingue a punta delle quali in seguito le ultime quattro (a contare sempre dalla sinistra) uguali ai fregi in ricamo applicati sui berretti degli ufficiali, arricchiti da un riccio terminale. Il numero delle lingue, rimasto sempre invariato e dispari, divenne una delle più tipiche consuetudini della tradizione bersaglieresca.
Ma torniamo al fregio, era alquanto massiccio e durò all’ incirca un quarantennio; poi, probabilmente per alleggerirlo nel peso o per analogia con gli altri fregi o distintivi delle altre specialità dell’Esercito, ebbe conio su foglio di ottone e perse della prima linea originale alcuni piccolissimi rilievi, ancora rilevabili nei pochissimi esemplari ancora giacenti nel Museo Storico del Corpo a Porta Pia. Da rilevare che nel corpo della granata venne inciso l’indicativo della compagnia, in seguito quello del battaglione (numero romano) e poi, ed attualmente, l’indicativo del reggimento in numero arabo su una coccarda tricolore con il verde al centro (verde sovrastato dal corpo del fregio) .
ALTER