E’ difficile poter raccontare in poche righe la passione bersaglieresca, il cuore di vero italiano e la smisurata generosità di un fratello cremisi che ora continuerà la sua corsa nel cielo di Lamarmora. Italo Pilenga, imprenditore tessile di Urgnano (BG), uomo di elevati ideali e di specchiata moralità, già Consigliere Nazionale e Presidente Interregionale della nostra Associazione, sostenitore e partner della fanfara “A. Scattini” di Bergamo, ci ha lasciati il 7 marzo. Lui, Italo, non ebbe vita facile. Classe 1937, aveva soltanto otto anni quando il 29 aprile 1945, a guerra ormai conclusa, alcuni sedicenti partigiani vennero a prelevare suo padre Giuseppe, già Segretario del Partito Fascista Repubblicano e suo zio Cipriano Pilenga, semplice iscritto, insieme ad altri cinque per portarli prima in Prefettura, poi al Cimitero Monumentale di Bergamo e finirli con una sventagliata di mitra. Papà Giuseppe, imprenditore agricolo, persona sensibile e onesta, non aveva fatto altro che aiutare i suoi concittadini elargendo aiuti e generi di necessità durante il periodo bellico. Ma forse, più che la politica, fu l’invidia di classe a muovere la mano assassina. La macabra vicenda è narrata anche da Giampaolo Pansa nel suo “Il sangue dei vinti”. Bersagliere come il padre e lo zio, Italo si portò questa sofferenza dentro il cuore per tutta l’esistenza, ma non covava rancore; non era capace di odiare. Poi la vita da imprenditore, il coraggio della sfida, la responsabilità e la preoccupazione di aver sempre lavoro per i suoi dipendenti. “I miei dipendenti sono come parte della mia famiglia. E io ho la responsabilità e il dovere di fare in modo che essi siano contenti, che stiano bene, che possano non far mancar nulla ai loro cari” confidò un giorno. Quando organizzammo il Raduno Nazionale di Milano mi disse. “Alle bandiere ci penso io”. E ne arrivarono a migliaia, per coprire di italianità la città della Madonnina. Italo Pilenga aveva nel suo cuore quell’amor di Patria pulito, forte, orgoglioso, di grande dignità, che avrebbe voluto veder sempre vincente in questa nostra Italia troppo spesso divisa, remissiva, debole, individualista, a volte meschina.
Alle manifestazioni bersaglieresche, lavoro permettendo, non mancava mai. Così come fu sempre equilibrato e prezioso il suo apporto nelle sedute del Consiglio Nazionale ANB. La sua persona, la sua rettitudine, la sua nobiltà d’animo, il suo attaccamento al piumetto e al Tricolore non dovranno mai abbandonarci. Lui sfilerà sempre con noi, dietro il Medagliere Nazionale e al passo di corsa della sua amata fanfara.
D.C.