Dal Museo Storico dei Bersaglieri e da ricordi personali, orali, scritti e trascritti (e a noi pervenuti come i ….Vangeli) di bersaglieri di un tempo e dalla famosa libretta , risulta che il « pennacchietto » di ordinanza era composto di 92 penne o piume di cappone scure di cui: 32 lunghe centimetri tredici e 60 cm. ventisette.
Era « a carico dell’individuo » e costava L. 1,70 (bei tempi!); alquanto misero e perciò conservato con cura per essere adoperato nelle esercitazioni od in campagna, mentre per la guarnigione, in parata e in libera uscita ogni bersagliere si procurava un piumetto fuori ordinanza folto di piume di inusitata lunghezza .
Mentre il cappello veniva distribuito alle reclute all’atto della vestizione, il piumetto era consegnato quando, ricevute le prime istruzioni sul particolare comportamento bersaglieresco, passo svelto, agilità, saluto pronto e disinvolto e, guarda un po’ inclinazione del cappello, nonché, principalmente, Cognome , nome non solo suoi, ma anche del Comandante il reparto ed il numero del reggimento) le reclute davano affidamento di aver superato quella goffaggine dipendente anche dal nuovo …vestito. In tale periodo di ambientamento, che durava circa due settimane, alle reclute era proibito uscire di caserma, dovevano rimanere sempre in quartiere, col copricapo ben calcato sulla fronte, certamente per adattare l’uno all’altra o …viceversa e al fastidio del peso. Di qui il nomignolo di « cappellone » che poi dilagò e fu … affibbiato a tutte le reclute dell’esercito. Secondo un altro ricordo storico …poiché la cupola era alquanto “ecclesiastica” e si prestava a frizzi e lazzi, era cura della recluta munirsi di un affilato coltello e – appartatosi – sotto la guida…prezzolata di un anziano, operava un taglio circolare lungo il nastro cerato della cupola, riducendone drasticamente l’altezza; ricucito il tutto, sempre sotto la guida dell’anziano, il cappello assumeva un piglio agile e disinvolto, in linea con l’aspetto non solo birichino, ma attraente, un po’ gradasso e …guascone del bersagliere che altro non era ed è , un condensato di questi aggettivi.
La distribuzione del « pennacchietto » alle reclute avveniva in forma solenne e con una cerimonia caratteristica che voleva assumere uno speciale significato.
Presenti tutti gli ufficiali, allineate tutte le reclute faccia faccia con gli anziani, il tenente in prima presentava la compagnia al capitano il quale pronunziava poche parole di circostanza ed invitava i suoi vecchi soldati a cedergli due penne per ciascuno tratte dai folti piumetti e seduta stante, le ripartiva tra le reclute che avevano sul cappello il pennacchietto distribuito dal magazzino.
Un triplice « urràh » concludeva ufficialmente la riunione la quale aveva poi un corollario privato nei brindisi con cui anziani e reclute si mescolavano nella vivanderia della caserma, e con qualche buona «bouta» coscienziosamente vuotata nella cantina dei paraggi.
Da qui la frase « li piumi i Vi datti mi! » ripetuta dagli uni alle altre e che secondo la morale spicciola equivaleva ad una specie di diritto protettivo del più navigato sul più giovane per incitarlo a ben fare e a rendersi in tutto degno dei doveri bersagliereschi; col significato di un ammonimento utilissimo per stuzzicare l’amor proprio dei candidati alla specialità, e per eccitarli sin dal principio a quella sicurezza cosciente di sè medesimi che il precettore non a caso aveva preteso fosse spinta fino alla presunzione.
Poi, siccome la fantasia e la superstizione popolare attribuirono al n. 90 il significato convenzionale di paura, gli anziani si affrettavano a spiccare una penna, e idealmente la 90a, dai pennacchietti d’ordinanza dei giovani soldati, intendendo con questo gesto simbolico togliere alla recluta qualunque dose di timore o di apprensione nelle varie CIRCOSTANZE pace e di guerra.